Francesca Monti

Me derna walo: il mantra dell’integrazione.

Avvolto solo da due bandiere: quella italiana e quella tunisina. È così che posa Ghali per la foto del suo profilo Instagram con cui annuncia l’uscita del nuovo album.
Niente più rasta per il cantante trap, nato a Baggio (un quartiere di Milano) da genitori tunisini, come a simboleggiare un ritorno alle origini.
La nuova fatica discografica non ha ancora un titolo, ma il singolo che l’anticipa Walo racchiude tutti i temi su cui punta un Ghali più adulto e sicuro della sua identità integrata. Non è un caso infatti che l’annuncio sia stato fatto proprio in occasione del primo giorno di Ramadan.

Scegliere le sfumature di unicità

È un punto di ferma consapevolezza quello raggiunto da Ghali. Indipendentemente che la sua musica piaccia o meno, è attraverso di essa che ha deciso di esprimersi e soprattutto ha deciso di farlo in un modo che può essere da esempio per tutti noi. Andando quindi oltre i gusti musicali e anche il personaggio, il messaggio che lancia è chiaro: accettati nella tua unicità. Che è anche unicità culturale. Il ritornello che ho riportato poco sopra, è un bel mix di elementi culturali che, seppur stereotipati, ci fanno capire come la nostra cultura permea profondamente tutta la nostra persona e a volte anche in modi inconsapevoli. Le parole che scegliamo, il modo in cui mangiamo, il modo in cui ci vestiamo e soprattutto comunichiamo sono aspetti profondi e spesso inconsci della nostra identità culturale. Rispettarli prendendone consapevolezza è il primo passo per accettarsi e accettare con rispetto l’altro con cui interagiamo.

Il ruolo dei social

Se parliamo di comunicazione, parliamo ovviamente di social media. È chiaro che su Instagram l’immagine ha un valore assoluto, mentre il contenuto ha un ruolo marginale. Ma non sono qui per fare la solita polemica legata all’apparire. A mio parere bisogna cercare di prendere il buono che i social ci offrono, ossia la possibilità di veicolare un messaggio importante raggiungendo più persone possibili. E allora, se Ghali si lascia avvolgere da due bandiere simbolo della sua identità, ben venga. Anzi dirò di più. Questa foto per me è andare oltre la solita narrazione univoca che si fa di sé: noi siamo il frutto di tutte le culture interiorizzate e di tutte le esperienze fatte, soprattutto nel confronto con chi ha qualcosa di diverso da noi, da portare nella nostra vita.

Integratismo e non integralismo

Un po’ fantasticando, mi sono immaginata un Ghali come collega d’ufficio. Come sarebbe confrontarsi con una persona che ha una cultura diversa dalla mia, o più evidentemente mixata rispetto alla mia? In un modo globale dove il venerdì sera è consacrato al sushi, tutti noi siamo già il risultato di continue contaminazioni culturali. La vera diversità si avverte però quando la relazione si fa stretta, quando l’incontro e il confronto diventano costanti. Essere consapevoli che le differenze ci sono e che alcune di queste incomprensioni nascono proprio dalle differenze è il primo passo per collaborare. Meno frustrazione, più cooperazione, più progetti di valore e un benessere e una ricchezza che non hanno pari.
Lo so, ho fantasticato un po’, ma i confini dei buoni esempi dovrebbero essere estesi a qualsiasi generazione e ambiente in cui viviamo.
E comunque, io una riunione con Ghali la farei.

Gli ultimi articoli