Martina Cogliati

La rivoluzionaria idea di lavoro: il progetto Rivoluzione Umana

Le persone al centro.
Molto bella come idea. Ma come renderla concreta?
Un esempio è il progetto Rivoluzione Umana. 

Ne abbiamo parlato con Roberto Mairo, Consulente HR e Co-Founder di Rivoluzione umana.

Ciao Roberto, tu sei Consulente HR e Co-Founder di Rivoluzione Umana. Ci spieghi in cosa consiste il progetto?

Rivoluzione Umana è un progetto che rivoluziona la concezione del lavoro e aiuta le persone e le aziende a metterla in atto per rimanere competitive nel prossimo futuro.

In sintesi la nostra missione è aiutare le persone a trovare un lavoro che sia espressione del loro talento e aiutare le aziende ad avere persone interessate e appassionate al proprio lavoro.

Ma entriamo più nello specifico. Rivoluzione Umana aiuta l’azienda a capire quali sono le caratteristiche interessanti del lavoro che sta offrendo e a chi potrebbero interessare, raccontandole in modo efficace per attrarre le giuste persone. Questo è marketing che si unisce al mondo delle risorse umane. Ma non finisce qui, perché Rivoluzione Umana ribalta completamente le regole del mondo del lavoro. Come? Innanzitutto invertendo il paradigma del processo di “selezione” e destrutturando il colloquio di lavoro.

Le persone interessate all’opportunità lavorativa vivono un’esperienza unica: invece di essere valutate, vengono accompagnate a valutare, a capire se quel lavoro faccia davvero per loro e possa piacergli portarle a esprimere il loro potenziale.

In questo processo di “selezione al contrario” che ci siamo inventati, è sempre la persona che sceglie se andare avanti. Infine, quando una persona incontra l’azienda non avviene un classico colloquio di lavoro, entrambi vengono invitati fuori dal contesto aziendale a partecipare a dei “giochi esperienziali” che permetteranno loro di conoscersi meglio, in modo più autentico e genuino.


Rivoluzione Umana scardina una visione tradizionalista del lavoro. Come dovrebbe essere visto il lavoro oggi e perché?

Stiamo entrando in una nuova era, quella in cui il lavoro diventa funzionale alla realizzazione del sé. Oggi che abbiamo tutto, cerchiamo noi stessi nel lavoro. Arriviamo da molti anni in cui il lavoro è stato, dapprima funzionale al vivere e poi funzionale al vivere meglio.

Oggi stiamo assistendo a una fase di transizione: le persone cominciano a cercare un significato nel lavoro, ma le aziende continuano ad arricchire la loro offerta sul piano delle condizioni (welfare, flessibilità, …). Le imprese che cominciano ad offrire alle persone la possibilità di realizzarsi nel lavoro sono quelle imprese che si preparano al mercato del lavoro del prossimo futuro.

Cosa vuol dire realizzarsi? Noi abbiamo trovato la risposta nel concetto di IKIGAI: essere pagati per fare qualcosa che ami, che sai far bene e che dona al mondo ciò che secondo te è importante. 

Che effetto ha l’apprendimento delle competenze trasversali sul talento? Quale vantaggio per l’azienda?

Le competenze trasversali sono le piantine che crescono sul terreno del talento. Mi spiego.

Una persona che non è incline alle relazioni, dovrà fare molti corsi di comunicazione per migliorare di poco. Un’altra persona che fa, invece, della relazione un suo talento, grazie a pochi corsi (ma buoni!) sulla comunicazione, potrà esprimere al massimo il suo potenziale!

L’azienda dovrebbe trovare contenuti formativi di valore e al passo con i tempi che uniscono l’ispirazione alla formazione; SkillDoers ne è un esempio. Dovrebbe inoltre mappare i talenti delle loro persone (tutte le persone sono brave in qualcosa!), per progettare dei percorsi di crescita in cui questi talenti possano trovare la massima espressione che va ad alimentare le performance lavorative e un maggiore coinvolgimento della risorsa in quello che fa. E allora sì che la formazione sulle competenze trasversali, così contestualizzata, sarebbe un grande acceleratore di crescita per la persona e, di conseguenza, anche per l’azienda.

Quali sono i rischi per l’azienda che sceglie di assumere una risorsa solo sulla base della mansione?

Il primo rischio che vedo è proprio quello di non ricevere candidature. E poi, anche ammesso che arrivi il profilo giusto, che fa il colloquio, accetta ed entra in azienda; passato l’entusiasmo iniziale e la voglia di dimostrare, dettati dal cambiamento, si troverebbe in poco tempo nella classica situazione del “lavorare solo per vivere”. Quali sono i rischi dell’avere una persona che “lavora solo per vivere”? Risponde il “Global Workplace Report” con i dati Italiani: Il 60% si limita solo a fare quanto richiesto mentre il 19% è così scontento da mostrare la sua frustrazione sul lavoro danneggiando anche quello dei colleghi.

A chi pensa di essere troppo “vecchio” per mettersi alla ricerca di un lavoro/passione, cosa vorresti dire?

I sogni, le passioni non hanno età! cambiano nel tempo e vanno sempre inseguiti e coltivati. Il limite è solo nella nostra testa; non siamo a scadenza, siamo persone; finché c’è vita c’è sogno e passione!

Mettere al centro le persone è possibile solo mettendo al centro il lavoro, ossia il punto di incontro fra i professionisti e le aziende.

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